Vsevolod Emilevic Meyerhold (1874-1940)

È stato tra i più innovativi registi e pedagoghi teatrali del ‘900.Allievo di Nemirovic-Dancenko, dal 1898 fece parte del Teatro d’Arte di K. Stanislavskij.In seguito, distaccatosi da una concezione realistica del teatro, in favore di una messa in scena astratta e stilizzata, cominciò una costante ricerca sull’arte dell’attore, dedicandosi allo studio di numerose arti performative tradizionali occidentali e orientali, fino a strutturare il sistema di educazione della Biomeccanica Teatrale. Nel 1920, con lo spettacolo «Il magnifico cornuto», Mejerchol’d fa conoscere al mondo artistico russo il frutto del suo lavoro pedagogico, portando sulla scena attori che, «educati» in modo da poter sfruttare tutte le proprie potenzialità espressive, potevano arricchire e dare corpo a tutte le sfumature e significati del testo.Il Teatro Mejerchol’d, tra scandali e censure lavorerà ininterrottamente fino al 1938 portando in scena testi, tra gli altri, di Erdman, Gogol’, Majakovskij, Cechov e collaborando con i maggiori artisti delle avanguardie sovietiche (Popova, Malevic, Prokof’ev, Shostakovic).Dopo un lungo periodo di continue lotte con la censura, nel 1938 il Teatro Mejerchol’d fu chiuso e lo stesso regista, caduto in disgrazia, fu dapprima arrestato e torturato e, in seguito a un processo sommario, giustiziato con l’accusa di spionaggio.Primo tra i registi ad aderire alla Rivoluzione, sempre in prima fila nello scenario politico, feroce critico della NEP leninista e poi della dittatura stalinista, fu per tutta la vita sostenitore dell’idea utopista di una rivoluzione che dovesse cambiare la società nella sua totalità, compreso il teatro. Nonostante si fosse adoperato per diffondere, con il teatro, il messaggio rivoluzionario, non riuscì, in alcuna maniera, a sfuggire alle purghe staliniste.Alla sua morte, Sergej Ejzenstejn, tra i suoi più illustri allievi, custodì gelosamente, nei propri archivi, i pochi documenti sottratti all’opera di distruzione e delegittimazione della polizia politica. Il nome di Mejerchol’d fu dichiarato illegale fino al 1955, quando, alla morte di Stalin, la figura del grande regista cominciò ad essere riabilitata. Solo, tuttavia, con la fine della cortina di ferro e l’apertura di numerosi archivi privati e pubblici, si poté pienamente apprezzare l’opera pedagogica e artistica del grande Maestro.Nel clima di incertezza e paura dell’era sovietica, l’eredità pedagogica e artistica di Mejerchol’d fu portata avanti in clandestinità dal suo stretto collaboratore Nikolaj Kustov, già istruttore di Biomeccanica Teatrale presso il Teatro Mejerchol’d, e alla morte di questi da Gennadi Nikolaevic Bogdanov, per opera del quale la Biomeccanica Teatrale di Mejerchol’d fu introdotta già a metà degli anni ’80 come materia di studio all’Accademia di Stato di Mosca (GITIS).

1874 Nasce a Penza, il 10 Febbraio, ottavo figlio di un proprietario di distilleria, di origine tedesca.

1890 Partecipa ad alcuni spettacoli filodrammatici interpretando fra l’altro Repetilov in “Che disgrazio l’ingegno!” di Griboedov (anche aiuto regista).

1892 Muore il padre e la situazione economica della famiglia diventa difficile.

1895 Termina il ginnasio a Penza, si trasferisce a Mosca e si iscrive alla facoltà di giurisprudnza. In estate torna a Penza e continua la sua attività filodrammatica.

1896 Sostiene l’esame di ammissione alla scuola di recitazione della Società Filarmonica moscovita, diretta da Nemironovic-Dancenko e viene ammesso al secondo anno. Sposa Olga Michajlovna Munt.

1898 Terminato il corso (ha come compagni Olga Knipper che diventerà moglie di Cechov e Moskvin) viene scritturato da Stanislavskij e Nemirovic-Dancemko, fondatori del Teatro d’Arte. Il suo primo ruolo è quello del principe Suiskij ne “ Lo zar Fedor Joannovic “ di A. K. Tolstoj, spettacolo inaugurale del nuovo teatro.

1898-1902 Lavora come attore nel Teatro d’Arte, interpretando 18 personaggi, fra cui il principe d’Aragona ne “ Il mercante di Venezia” di Shakespeare, il marchese di Forlimpopoli ne “La Locandiera” di Goldoni, Treplev ne “Il gabbiano” di Cechov, Tiresia in “Antigone” di Sofocle, Ivan il Terribile in “La morte di Ivan il Terribile” di A. K. Tolstoj, Tuzenbach in “Le tre sorelle” di Cechov, Petr in “Piccoli boghesi” di Gor’kij.

1902-1904 Esce dal Teatro d’Arte, organizza una propria compagnia (Compagnia del nuovo dramma) e si trasferisce in provincia, prima a Cherson poi a Tiflis. Mette in scena circa 170 lavori, fra cui “Tre sorelle”, “Zio Vanja”,”Il gabbiano”, “Ivanov”, “Il giardino dei ciliegi”, di Cechov, “I villeggianti”, “Bassifondi” di Gor’kij, “La potenza delle tenebre”di L. N. Tolstoj e altri lavori di Ostrovskij, Hauptmann, Ibsen, A. Tolstoj, Schnitzler, Maeterlink. Affianca all’attività di regista anche quella di attore.

1905 Viene invitato da Stanislavskij a dirigere al suo fiaco il Teatro-Studio, una filiale del Teatro d’Arte con intenti sperimentali. Vengono preparati due spettacoli, “La morte di Tintagiles” di Maeterlink e “Schluck” e “Jau” di Hauptmann. Il teatro non viene aperto per varie ragioni, fra cui una certa perplessità di Stanislavskij sui risultati della compagnia e considerazioni di carattere politico (rivoluzione 1905).

1906-1907 Viene chiamato a Pietroburgo da Vera Komissarzevskaja, una delle più grandi attrici del primo Novecento, come principale regista del suo teatro. Mette in scena 13 spettacoli fra cui “Hedda Gabler” e “Casa di Bambola” di Ibsen, “Suor Beatrice” e “Il miracolo di Sant’Antonio” di Maetedlink, “Il baraccone da fiera” di Blok, “Vita di un uomo” di Andreev “Risveglio di primavera” di Wedekind, “La vittoria della morte”di Sologub. La collaborazione con l’attrice si rivela sempre più difficile e culmina con l’estromissione del regista dal teatro prima del termine del contratto.

1921 Organizza un Laboratorio registico (GVTM: Gosudastven-nye Vysie Rezisserskie Masterskie) dove continua i suoi esperimenti sul movimento e la mimica. Comincia a porre le basi teoriche della biomeccanica. fra gli allievi c’è Zinajda Rajch, che diventerà la sua seconda moglie e interprete dei suo principali spettacoli.

1922 Con un gruppo di allievi fonda il Teatro dell’attore, dopo la chiusura per ordine governativo, del Teatro RSFSR I. Mette in scena “Casa di bambola” di Ibsen e “Le cocu magnifique” di Crommelink. Esce un suo scritto in forma di brossura “L’emploi dell’attore”.

1923-1938 Nasce il Teatro Mejerchol’d, dove il regista lavora fino alla chiusura, firmando le sue regie più famose: “La foresta” di Ostrovskij (1924), “D.E.” di Erenburg e Kellermann (1924), “Il maestro Bubus” di Fajko (1925), “Il Mandato” di Erdman (1925), “Il revisore” di Gogol’ (1926), “Che disgrazia l’ingegno!” di Griboedov (1928), “La cimice” di Majakovskij (1929), “Kommandarm 2” di Sel’vinskij (1929), “Il bagno” di Majakovskij (1930), “Ultimo decisivo” di Visnevskij (1931), “L’elenco delle benemerenze” di Olesa (1931), “L’introduzione” di German (1933), “Le nozza di Krecinskij” di Suchovo-Kobylin (1933), “La signora delle camelie” di Dumas (1934), “Trentatrè svenimenti” tre atti unici di Cechov (1935). Nel 1936 e 1937 lavora alla messa in scena di “Boris Godunov” di Puskin e “Come fu temperato nell’acciaio” di N. Ostrovskij, ma entrambi gli spettacoli non vengono autorizzati.

1930 Esce un suo breve scritto “La ricostruzione del teatro”.

1932 Iniziano i lavori per la costruzione di un grande teatro, il cui progetto è studiato dal regista con un gruppo di architetti. Non verrà portato a termine: oggi è una sala da concerti.

1933 Nuova edizione al Teatro Puskin di Leningrado di “Un ballo in maschera” di Lermontov.

1935 Mette in scena al Piccolo Teatro d’opera di Leningrado “La dama di picche” di Cajkovskij.

1938 Viene chiuso per ordine governativo il Teatro Mejerchol’d

1938-1939 Viene chiamato da Stranislavskij a dirigere il Teatro d’opera Stanislavskij. Completa la messinscena di “Rigoletto” che Stanislavskij lascia inconpiuta (muore nel 1938).

1939 Viene arrestato.

1940 Muore fucilato.

1955 Viene ufficialmente riabilitato come vittima della repressione stalinista.

da “L’Ottobre teatrale” a cura di Fausto Malcovati ed. Feltrinelli